L’Ilva inquina senza controllo |
Gianni Lannes |
Verdi e Legambiente denunciano le emissioni di diossina del
complesso industriale.
Lo scorso giugno l’udienza per "disastro e
avvelenamento".
Il Presidente della Regione Vendola non si è costituito
parte civile.
Regione Puglia? o Regione Ilva? Affari sulla pelle di 4 milioni
e 200 mila persone?
A Taranto - la città più degradata d’Europa - si scrive
AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), ma si legge
“nullaosta ad un’acciaieria per inquinare ancora e di più”.
E però, per il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare Stefania Prestigiacomo , il Governatore Nichi
Vendola (con il suo Assessore all’Ambiente Lorenzo
Nicastro), il Sindaco della città Ippazio Stefano, e
il Presidente della Provincia Gianni Florido, è tutto a posto.
L’ autorizzazione integrata ambientale è una patente europea che
certifica l’abbattimento delle emissioni inquinanti. Insomma,
l’inquinamento è a norma di legge. Secondo gli abitanti di
Taranto, si minimizza, o, in alternativa, si fa finta di nulla.
Avanti con
diossine, benzopirene, ipa, biossido di carbonio e miscele di altri pericolosi
composti chimici.
I dati dell’ INES (Inventario Nazionale
delle Emissioni e delle loro Sorgenti), attestano che « il 92% delle
diossina » fuoriesce proprio da questo complesso industriale
Ilva.
Sette chilogrammi a testa: tre volte
Seveso.
Storia di emissioni industriali e di omissioni
istituzionali e, come spesso accade qui in Puglia, su materie incandescenti, la
delibera regionale -ovvero un atto pubblico- è attualmente
sottoposta a segreto.
Per ottenere l’AIA è obbligatorio
dichiarare quante e quali emissioni cancerogene vengono prodotte .
L’Ilva lo nega: è un segreto industriale.
Il pluricondannato e pregiudicato patron Emilio Riva, interdetto dai
pubblici uffici, ringrazia la Regione Puglia, che prontamente ha autorizzato una
terza centrale termoelettrica da 600 megawatt.
Una fetta consistente della Puglia muore? Basta negare le evidenze. “A
Taranto non c’è emergenza ” ripete il Presidente Vendola.
Secondo
l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, invece, « è un’area a
gravissimo rischio ambientale ».
Il 23 aprile 1998 un decreto del
Presidente della Repubblica aveva dichiarato « Taranto città ad alto
rischio ambientale ».
Se la Regione plaude all’accordo raggiunto
(l’Autorizzazione Integrata Ambientale che il 5 luglio scorso il Ministero
dell’Ambiente ha concesso all’Ilva ), i Verdi e Legambiente definiscono
il documento un arretramento o, per dirla con il parlamentare
Angelo Bonelli , “ uno schiaffo a Taranto ”.
Legambiente sostiene
che la “ nuova autorizzazione è peggiore della precedente rispetto al
sistema di monitoraggio delle emissioni, dei controlli sugli scarichi idrici, al
monitoraggio continuo di benzene e polveri ” e conclude, come i Verdi, che
“ aver concesso una capacità produttiva di 15 milioni di tonnellate annue di
acciaio significa aver dato il via libera all’aumento dell’inquinamento ”.
Senza l’Aia si chiuderebbe la baracca e non si intascherebbe il miliardo di euro
comunitario.
L’Ilva in riva allo Ionio vanta altri primati: il 95 per
cento della produzione nazionale dei Pcb (fonte Ispra) e ben 137 mila nanogrammi di
benzoapirene (il valore-soglia per persona è di un nanogrammo)
respirati dagli operai. I numeri ufficiali lasciano senza fiato: la
mortalità generale supera del 17 per cento quella della media
regionale .
L’ Istituto Superiore di Sanità
ammette che gli studi descrivono «un quadro di mortalità
compromesso. I numerosi inquinanti atmosferici, particolato e gassosi,
sono causa degli eccessi».
Le indagini scientifiche più recenti condotte dal
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), a firma di Maria Angela Vigotti
dell’Università di Pisa, raccontano che a Taranto si muore e ci si ammala sempre
più. La situazione peggiora e i tumori aumentano a dismisura.
In barba alla
Convenzione di Aarhus, che regola l’accesso all’informazione e
partecipazione dei cittadini in tema di giustizia ambientale, “sono state
escluse dal confronto, le associazioni ambientaliste denunciano il rischio di un
accordo al ribasso sull’inquinamento”, rivela il Verde Gregorio Mariggiò. “
La settimana scorsa il Noe di Lecce ha chiesto il sequestro di alcuni
impianti ed i report dell’Arpa dimostrano il superamento dei limiti di
diossina nell’aria. Insomma una tale concessione è proprio inopportuna
”.
Venerdì 24 giugno c’è stata l’udienza a porte chiuse per disastro colposo
all’Ilva presso il tribunale di Taranto. Gli enti locali non si
sono costituiti parte civile.
Ecco i capi d’imputazione: « Disastro
colposo e doloso, avvelenamento di sostanze
alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni
sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici,
getto e sversamento di sostanze pericolose,
inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati
Emilio Riva, 84 anni, Presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2009, Nicola
Riva , 52 anni, direttore dello stabilimento Ilva dal 20 maggio 2009, Luigi
Capogrosso , 55 anni, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, 41
anni, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, 42 anni, capo
area del reparto Agglomerato».
Come parti lese, sono state identificate il
Ministero dell’Ambiente, la Provincia di Taranto, la Regione Puglia, e nove
allevatori che furono costretti ad abbattere i loro capi di bestiame, risultati
contaminati dalla diossina. Il Governatore Vendola non si è costituito parte
civile.
I rapporti sanitari occultati per anni dall’azienda sanitaria locale
parlano chiaro: «Taranto sconta anni di mancata esecuzione di controlli,
sopralluoghi e rilevamenti prescritti dalla legge».
Le perizie giudiziarie
documentano «lo sprigionamento continuo e incontrollabile di emissioni gassose e
fiamme oltre alla dispersione di migliaia di tonnellate all’anno di sostanze
nocive, con grave impatto ambientale nel territorio interessato e gravi danni
alla salute».
Novembre 2010. «Saranno 30.000 le copie che verranno distribuite a tutte le
famiglie dei dipendenti dell’Ilva, alle istituzioni e alla società civile
tarantina» scrive Emilio Riva nell’editoriale della rivista ‘ Il Ponte ’ edita
dalla stessa Ilva. Il patron rivolge il suo saluto alla città presentandosi con
uno slogan: “ Non sono un capitalista, ma un imprenditore ”. La rivista
viene proposta come ‘luogo’ per approfondire temi di attualità, raccogliere
interviste e testimonianze.
La prima ‘testimonianza’ è quella del Governatore
Vendola. Parla di svolte epocali, di amore e ‘pensiero lungo’, lungo e duraturo,
“ come i veleni immessi nell’aria di Taranto dall’Ilva ” affermano ora
i maligni. Vendola parla di “ terze vie ” e “ sviluppo sostenibile
e armonico ”, dice che “ La sfida dell’ambiente è riuscire a
coniugare nuovo sviluppo industriale con la tutela dell’ambiente …
Proprio quello che dicevo prima, parlando di collaborazione e coordinamento
fra protagonisti del mondo economico, politico e della società covile … a
Taranto si sta realizzando dando buoni risultati … Dal mio primo incontro con
l’ing. Riva sono cambiate molte cose ”.
Il 23 novembre 2010 Vendola è in
prima fila per assistere alla presentazione del Rapporto 2010 su “ Ambiente
e sicurezza ” realizzato dall’Ilva.
Un documento patinato dove il
Governatore appare a più riprese: a pagina 8, in compagnia del vescovo e del
ministro Prestigiacomo; a pag. 9, al tavolo con i dirigenti dell’acciaieria; a
pagina 10, mentre preme un pulsante di fronte ad operai plaudenti. E’ lo stesso
Vendola, che in una pagina spot, dove il suo santino figura in compagnia di
Fabio Riva e di Emma Marcegaglia, afferma: “ Chiesi ad Emilio Riva, nel mio
primo incontro con lui, se fosse credente, perché al centro della nostra
conversazione ci sarebbe stato il diritto alla vita ”.
Il camino E312
dell’Ilva vomita veleni radioattivi, e se sei un abitante del quartiere Tamburi,
o un allevatore con le pecore che pascolano in prossimità del più grande
siderurgico d’Europa, o un allevatore di cozze contaminate, “ effettivamente
la fede potrebbe aiutare! ” commentavano i soliti maligni lo scorso 24
giugno fuori dal Tribunale di Taranto.
Non è piaciuta, qui, la decisione del
Governatore di non costituirsi parte civile nel procedimento, anche perché, a 7
mesi di distanza dagli ‘auspici’ espressi da Vendola, i Carabinieri del N.O.E
(Nucleo Operativo Ecologico) hanno chiesto il sequestro degli impianti dell’Ilva
.
La richiesta è scaturita dagli accertamenti effettuati dal N.O.E. sulla
qualità dell’aria.
Per i Carabinieri gli impianti dell’Ilva vanno
sequestrati per
Questo mentre il Governatore, omettendo i fatti, da una
parte esaltava la ‘famigerata’ legge-antidiossina come “ un modello
internazionale ”, dall’altra, a febbraio 2010, firmava, con il Presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi e l’imprenditore Riva, un
protocollo per ritoccare la legge appena promulgata.
La legge in questione,
alla quale la Regione era stata ‘costretta’ dai movimenti popolari, risaliva
appena al 19 dicembre 2008. La normativa che prevedeva il limite di 0,4
nanogrammi per metro cubo a partire dal 31 dicembre 2010, nonché l’abbattimento
delle emissioni a 2,5 nanogrammi a far data dal primo aprile 2009.
A seguito
dell’accordo del febbraio 2010 la Regione Puglia vara un’altra legge per
interpretare la prima e svuotarla di significato. Sparisce il campionamento
continuo. I controlli non saranno più in continuo ma diluiti in tre fasi ogni
anno, a settimane alterne e solo per le otto ore diurne.
Il Rapporto
Ambiente e Sicurezza dell’Ilva 2010, presentato lo scorso 23 novembre, ha
suscitato le critiche di svariate associazioni, da Legambiente, a Taranto
libera, a Peacelink e Altamarea.
Alessandro Marescotti, Presidente di
PeaceLink, ha affermato che “i polmoni dei cittadini di Taranto conoscono il
‘Rapporto Ambiente’ dell’Ilva per consumata e quotidiana esperienza”.
Alla
cerimonia hanno preso parte il Presidente Vendola, il Presidente di
Confindustria Emma Marcegaglia e tutte le istituzioni locali a partire dal
Presidente della Provincia Gianni Florido e dal Sindaco di Taranto Ippazio
Stefano.
“Gli investimenti, i risultati, gli obiettivi raccontati e
certificati all’interno del Rapporto rappresentano un chiaro esempio del nostro
impegno per la salvaguardia dell’ambiente e per la tutela della sicurezza e
della salute nei luoghi di lavoro” , è stato il messaggio lanciato da Fabio
Riva, figlio e vicepresidente del Gruppo diretto da Emilio. La numero uno di
Confindustria Emma Marcegaglia plaude pubblicamente al nuovo impegno in difesa
dell’ambiente dei proprietari del colosso industriale del capoluogo jonico .
“A me sembra che il Gruppo Riva” , ha dichiarato in quella occasione
Emma Marcegaglia “ abbia fatto sforzi importanti per limitare le emissioni
cancerogene del più grande impianto industriale d’Italia, che dà lavoro a 12mila
tarantini e produce il 75 percento del Pil di Taranto. E di questi sforzi va
dato atto ” .
Critiche le posizioni di Legambiente e di Taranto libera:
“ L’Ilva, nonostante i suoi dichiarati sforzi per l’ambientalizzazione,
emette il 98% del benzo(a)pirene rilevato. Non crediamo sia lecito, quindi,
considerarci estremisti quando invitiamo le autorità competenti a provvedere al
fermo degli impianti ” hanno dichiarato. “Ad Emma Marcegaglia diciamo,
invece che la riconversione industriale, la progettazione di nuovi scenari
economici e lavorativi per Taranto, non solo rappresentano una necessità per
questa città data l’estrema incertezza del mercato dell’acciaio, ma anche una
grande opportunità per la definizione di nuove politiche di sviluppo
sostenibile”, evidenziando la posizione scomoda della Presidente
Marcegaglia: “monopolista in Puglia di discariche ed inceneritori illegali,
grazie a Vendola”.
Marescotti dice che “il Rapporto Ambiente e
Sicurezza dell’ILVA costa quanto il campionatore continuo della diossina che
l’azienda non vuole installare , venendo meno a un obbligo di legge. Viene
presentato, mentre in parallelo l’azienda non collabora con l’Arpa per il
monitoraggio diagnostico degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA),
negandosi ai controlli interni con tecnologie ad alta risoluzione temporale che
potrebbero verificare in tempo reale le emissioni di questi pericolosi
cancerogeni”.
Aggiunge poi Marescotti: “ Il Rapporto arriva poche
settimane dopo il ‘provvidenziale’decreto legislativo 155/2010 del Governo, già
definito ‘salva-Ilva’ perché sospende fino al
2013 il tetto per il benzo(a)pirene cancerogeno sistematicamente sforato nel
quartiere Tamburi e che doveva essere rispettato fin dal 1999”. Ma anche a
pochi giorni dall’avvio dell’incidente probatorio nell’ambito del procedimento
penale n. 4868/10 RGNR della Procura di Taranto nei confronti di Emilio Riva,
Nicola Riva, Luigi Capogrosso, Ivan Dimaggio e Angelo Cavallo, indagati in
relazione alle ipotesi di reato di disastro doloso (art. 434 codice penale) e
omissione dolosa di cautele (437 codice penale). Inoltre sono stati ipotizzati i
reati di getto e sversamento di sostanze pericolose.
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