IL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI SILVANA SAGUTO  IL 15 NOVEMBRE 2010 





...... .condivise sul punto le osservazioni dell'opponente sia in ordine alla ILLEGITTIMITA' della PARTECIPAZIONE del 





SINDACO alla C.E.C. sia alla mancata astensione da parte 


della stessa dal prendere parte alla DISCUSSIONE sino alla VOTAZIONE di delibere riguardanti gli INTERESSI propri nonchè di PARENTI o di affini fino al 4° grado.......
















......a cui vanno aggiunti altresì i rilievi della  CONSULENZA disposta dal P.M. che ha affermato la ILLEGITTIMITA' della CONCESSIONE edilizia relativa  all'abitazione del RISO sita all'interno del piano di  lottizzazione "LA PALOMA" .........










......Dispone che il P.M. formuli, entro dieci giorni,  l'IMPUTAZIONE dei confronti di RISO NAPOLEONEPORTOBELLO GASPARE in ordine ai REATI di cui agli  art 323 e 328 c.p........
















CONSIGLIO COMUNALE 10 MARZO 2008













licenza edilizia rilasciata

6 giugno 2006






....vi faccio pagare i danni morali......vi arriverà la parcella dell'avvocato perchè i soldi dei miei figli non si toccano.... vi dovete dimettere perchè la mozione di sfiducia nei miei confronti è stat respinta dal TAR ed avete procurato un danno al Comune... avete speculato con il PRG e ve la vedete con la Procura .... avete girato con le carte del PRG ed ora i cittadini vengono a ringraziarvi.... Urlando forte e chiaro CONTRO.. :  " Se mi denunci ti faccio saltare in aria Ti faccio vedere chi sono io" La coerenza politica non abita nelle loro coscienze, come dimostrano anche diversi atti che hanno approvato a colpi di maggioranza e che il tempo implacabile valuterà........di valutare se fossero esistiti i presupposti per richiedere un risarcimento danni morali per calunnia e diffamazione sia per me che per il Vice Presidente del Consiglio.......



" salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazioni di norme di legge o regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sè o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità"



















domenica 19 agosto 2012

Ilva, gli affari di Passera con Riva: il legame tra Banca Intesa e la società


Passerà?

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Ilva, gli affari di Passera con Riva: il legame tra Banca Intesa e la società

Nel 2008 il ministro, allora amministratore delegato dell'istituto di credito, lanciò l'appello per salvare Alitalia: l'industriale acquisì il 10% della compagnia e divenne il secondo azionista. E nel 1995 fu proprio la Cariplo a finanziare l’offerta per comprare l'acciaieria messa in vendita dallo Stato 


corrado passera interna nuova

C’è il Corrado Passera ecologista, quello che tre giorni fa ha detto: “I criteri di salute pubblica vanno considerati (….) e quindi gli impianti di Taranto non devono essere tenuti aperti a qualunque costo”. E poi c’è il Passera che si preoccupa di lavoro e produzione, tanto da garantire, il 26 luglio, che “governo e istituzioni locali faranno tutto il possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità produttiva”. Questo è quanto raccontano le cronache delle ultime settimane sulla vicenda del sequestro degli impianti Ilva. Resta da capire come queste due maschere indossate dal ministro dello Sviluppo, due maschere già piuttosto contrastanti tra loro, riescano a conciliarsi con un terzo ruolo interpretato fino a pochi mesi fa da Passera. Un ruolo da supermanager, da capo di Intesa. E proprio in veste di banchiere, come numero uno del più grande istituto italiano, l’attuale superministro del governo Monti, era di gran lunga il finanziatore di riferimento del gruppo Riva, cioè, in sostanza, dell’Ilva di Taranto.
Un legame strettissimo, quello tra Intesa e il colosso italiano dell’acciaio. Tanto che nel 2008, quando la banca allora guidata da Passera si mette alla ricerca di imprenditori disposti a intervenire per salvare l’Alitalia, ecco che Emilio Riva, l’ottuagenario patron del gruppo, è uno dei primi a rispondere all’appello. Per molti quell’intervento fu una sorpresa. Mai, in più di mezzo secolo di carriera, il padrone dell’Ilva aveva puntato un soldo su un qualunque investimento che non avesse a che fare con l’acciaio. A quanto pare, invece, il fascino della scommessa su Alitalia dev’essere stato irresistibile. O forse Passera e il governo di Silvio Berlusconi, sponsor politico dell’operazione, devono aver usato argomenti particolarmente convincenti. Sta di fatto che Riva ha messo sul piatto addirittura 120 milioni di euro per comprare il 10,8 per cento della compagnia aerea e diventarne e così il secondo maggior azionista dopo i francesi di Air France (25 per cento) e addirittura davanti a Intesa, che possiede il 9 per cento circa di Alitalia. Per Riva, come per tutti gli altri partecipanti alla cordata tricolore, l’investimento si è fin qui rivelato piuttosto avaro di soddisfazioni, per usare un eufemismo. A più di tre anni dal salvataggio l’ex compagnia di bandiera continua a viaggiare in perdita e le prospettive per l’immediato futuro non sembrano granchè esaltanti. Poco male, per Riva che a differenza di altri investitori continua a mantenere in bilancio la sua quota di Alitalia al valore di carico, senza svalutarla. D’altronde, in tempi di crisi gravissima per l’acciaio, è lecito sospettare che i proprietari dell’Ilva contassero di incassare un dividendo, per così dire, politico dalla loro partecipazione alla cordata promossa da Berlusconi e Passera, come numero uno di Intesa.
Sarà un caso, ma giusto poche settimane prima che venisse siglato l’affare (si fa per dire) Alitalia, la banca all’epoca guidata da Passera finanziò un’operazione molto importante dei Riva. Con un prestito di 100 milioni di dollari (circa 80 milioni di euro) il gruppo che controlla Ilva siglò un contratto con un cantiere cinese per la costruzione di due enormi navi tipo bulk carrier (più di 100 mila tonnellate di stazza) che servono a trasportare minerali di ferro, la materia prima delle acciaierie. Va detto che i rapporti tra il patron Emilio Riva, ancora agli arresti domiciliari dal 26 luglio, e la banca milanese datano da gran tempo, molto prima che Passera si insediasse al vertice.
L’industriale dell’acciaio è stato per decenni un importante cliente della Cariplo, la grande cassa di risparmio lombarda che 15 anni fa si è fusa con il Banco Ambroveneto, dando vita all’istituto destinato a crescere ancora (Comit e poi Sanpaolo) fino a diventare l’attuale Intesa. Nel 1995 fu proprio la Cariplo a finanziare l’offerta per comprare l’Ilva messa in vendita dallo Stato. Un’operazione da 2.200 miliardi di lire, pari a oltre un miliardo di euro attuali. Con il passare del tempo i rapporti tra Riva e la sua banca di riferimento si sono consolidati e gli affari sono proseguiti alla grande anche dopo l’arrivo del banchiere destinato a diventare ministro. Intesa resta la banca di riferimento del colosso siderurgico, seguita a distanza dalla Popolare di Bergamo. D’altra parte un cliente come l’Ilva e le altre acciaierie targate Riva valgono decine di milioni l’anno di ricavi per gli istituti di credito che hanno finanziato il gruppo per oltre 2 miliardi di euro. E allora come dire di no a un banchiere amico come Passera. Un banchiere che ora fa il ministro e sarà chiamato (anche lui) a risolvere la colossale grana di Taranto.
da Il Fatto Quotidiano del 10 agosto 2012

Soldi pubblici, vizi privati: il forziere dei Riva

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IL PUNTO DI MARIO MOLINARI (Savonanews)

Ilva "eccellenza italiana" con € 164.400.000 di capitale sociale in Lussemburgo


Ma in arrivo ci sono 336 milioni di Euro pubblici per bonificare i danni degli impianti (privati) Il notaio Lussemburghese? Ironia della sorte: Monsieur Hellinckx, lo stesso di Nucera e Geotea






Leggendo l'accattivante brochure del Gruppo Riva si avverte la fragranza di "una storia italiana", una specie di mulino bianco dove si macina carbone per colare l'acciaio da vendere. Per guadagnare soldi, semplicemente. 
L'ILVA è stata "privatizzata" dalla vecchia Italsider, dove navigò il buon Gambardella della Margonara. Italsider fece senz'altro un buon affare vendendo Ilva ai Riva, tanto che i Riva ci cavarono palate di miliardi, a quel punto privati. 
Grati, investirono così tanto per non appestare il luogo, che la magistratura, nonostante ogni tipo di tentativo di portar dalla loro stampa e controllori, anche facendo perder la faccia ad una persona perbene come l'ex prefetto Bruno Ferrante, gli sequestrò lo stabilimento. 
L'ilva è controllata totalmente dai Riva, attraverso la RIVA FIRE Spa, dove "FIRE" non sta per fuoco in inglese ma per una cosa tipo Finanziaria Industriale Riva Emilio. 
Ed è con questo nome che all'inizio della vicenda provammo a vedere se esisteva nel paradiso fiscale europeo per eccellenza - il Lussemburgo - senza successo. Bene, pensammo. almeno qualcuno che sta davvero in Italia, anche fiscalmente. 
Poi fummo colti da un pensiero: ma vuoi veder cosa combina il senso d'onnipotenza? E cercammo nel Granducato fiscale - banalmente - alla voce "ILVA" 
ed eccola lì, 

ILVA INTERNATIONAL S.A. costituita il 05/02/2004, in rue de la chapelle (la strada della cappella) pure al civico 17

tra

1) ILVA SpA, ayant son siège à Viale Certosa 249, I-20151 Milan rappresentata da Monsieur Michel Comblin, conseil fiscal, demeurant à Glabais (Belgique), en vertu d’une procuration sous seing privé, lui délivrée à Milan, le 5 décembre 2003.



2) PARTICIPATIONS ET FINANCEMENTS EXTERIEURS S.A., en abrégé PARFINEX S.A., ayant son siège à L-1325 - Luxembourg, 17, rue de la Chapelle, ici représentée par Monsieur Claude Zimmer, conseil fiscal, demeurant à Luxembourg 

Per un totale di 16.440.000 actions de EUR 10 chacune, totalisant EUR 164.400.000


Centosessantaquattro milioni di Euro, oltre trecento miliardi di vecchie £ire. Non esattamente una mancia pro forma per una scatola vuota. 
Si, ma i Riva che c'entrano? Leggiamo oltre alla voce Amministratori

2. Sont appelés aux fonctions d’administrateur non rémunéré:


a) Monsieur Fabio Riva, entrepreneur, né à Milan, le 20 juillet 1954, demeurant professionnellement à I-20151 Milan, Viale Certosa 249.

b) Monsieur Angelo Riva, industriel, né à Milan, le 19 octobre 1966, demeurant professionnellement à L-20151 Milan Viale Certosa 249.

c) Monsieur Hans-Hinrich Muus, conseiller d’entreprise, né à Hamburg, le 13 octobre 1937, demeurant à D-20148 
A rivedere i conti una vecchia conoscenza come DELOITTE & TOUCHE S.A.
E il notaio che redige l'atto? Naaaa: Henri Hellinckx, lo stesso della GEO di Nucera e della Geotea (Ecosavona & Bossarino) di Bagnasco
Bravi tutti.  
In appendice: 
Tra il 1994 e il 1995, a cavallo tra i governi Ciampi, Berlusconi I° e Dini va in porto la privatizzazione dell'ILVA (che dopo aver aperto il bijoux di Taranto cambiò il nome in Italsider) 
Erano appena trascorsi gli anni belli di Giovanni Gambardella, che tentò la Margonara. Il Corriere della Sera nel 1993 ricorda così: 
"Celebri manager pubblici e privati, una volta rimossi da poltrone di prestigio, si mettono in proprio e ricominciano, si fa per dire, da zero. E cosi' ha fatto in sordina anche Giovanni Gambardella, l' ex amministratore delegato dell' Ilva travolto dalle perdite della siderurgia pubblica." 
Condensando in una riga: lo Stato sbologna l'Ilva, i Riva se la acchiappano. Chi avrà fatto l'affare. Segue uno schema dei dati economici del Gruppo Riva nei quali curiosamente il Lussemburgo pare proprio non compaia. Fonte: il Gruppo Riva 
ma se l'ITALSIDER era così in perdita... com'è che, passata ai Riva...
 






Una fionda per Davide?


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ILVA: MILLE IN PIAZZA A TARANTO E APPLAUSI A GIP

OPERAIO SIDERURGICO CATALDO RANIERI È IL SIMBOLO DELLA PROTESTA
(dell'inviato Roberto Buonavoglia)

Non chiamatelo capopopolo, potrebbe offendersi. Ma il carisma di Cataldo Ranieri, operaio dell'Ilva di 42 anni, è tipico di chi le battaglie ha deciso di farle sul serio e non certo contro la magistratura ma per difendere dall'inquinamento industriale la sua città. Lui, addetto agli impianti marittimi del siderurgico tarantino, che - dice - da «tre anni sono sotto sequestro con facoltà d'uso», è in grado di parlare alla gente, di scandire quelle parole che la politica ha smesso da tempo di pronunciare. È capace pure di emozionarsi. I cittadini lo sanno e lo seguono, come un capopopolo. Per questo oggi pomeriggio Ranieri e gli aderenti al 'comitato cittadini e lavoratori liberi e pensantì, del quale l'operaio è portavoce, sono riusciti a portare nella centralissima piazza della Vittoria circa mille persone. È vero, non si tratta di molta gente anche se mancano tre giorni a Ferragosto e la città è semi deserta, ma a Taranto tante persone per strada a parlare dell'Ilva e di tumori su invito di un gruppo di comitati non si erano mai viste. E poi è la piazza a mormorare che finalmente qualcosa si muove e che l'anello di congiunzione tra i vari comitati e associazioni è proprio questo ragazzone biondo che si consegna alla folla, alle telecamere e ai flash con ciabatte infradito, bermuda e t-shirt. Per spiegare subito di che pasta è fatto dice di essere «politicamente indipendente», di lavorare all'Ilva da 15 anni, di avere due figli maschi di 9 e 13 anni e aver un mutuo sulle spalle da 650 euro al mese che finirà di pagare tra 25 anni.
Quindi, è uno che ha certamente bisogno di lavorare per vivere.
Ma dice di essere felice di «avere finalmente rotto le catene» per dire alla gente «che i politici hanno tradito i tarantini perchè non sono mai intervenuti per fermare l'Ilva che avvelena Taranto», e ai suoi colleghi «che non si può barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri figli».
Ranieri è il primo a parlare alla folla, poi interverranno gli aderenti ad altri comitati. Ma quello che subito balza all'attenzione è la voglia dei tarantini di dire basta.
Infatti, non si era mai vista una piazza acclamare a squarciagola come si fa allo stadio il nome di un giudice, il gip Patrizia Todisco, che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell'Ilva e che ha avuto il coraggio di ribadire che gli impianti vanno fermati. Al magistrato la folla ha riservato anche un applauso scrosciante. «Mentre fino a qualche mese fa - ha detto Ranieri - si invitava la magistratura a fare il proprio dovere sull'inquinamento provocato dall'Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un giudice che ha fatto solo il suo dovere».
«La gente - sottolinea l'operaio - sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha tradito e non è mai intervenuta per fermare l'Ilva che avvelena la città».
Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri. «Vengono - dice Ranieri, a cui fanno eco gli esponenti di altri comitati - per tutelare gli interessi dell'Ilva: noi, tre ministri, li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi intubati in ospedale perchè ammalati di tumore». Ed è stata proprio una storia di tumore che lo ha indotto a fondare il comitato. «Il 27 luglio - racconta emozionato - stavamo bloccando il ponte girevole per protestare contro il sequestro dell'Ilva; mi si è avvicinato un automobilista e mi ha detto: 'Io devo passare, devo accompagnare mia moglie a fare la chemioterapià. Da quel giorno - sospira - la mia vita è cambiata». (ANSA).


I documenti originali parlano chiaro! Attenti ai media!

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...grazie al formidabile blog Corporeus Corpora vi sottoponiamo gli ultimi documenti della Procura sull'Ilva
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Tarasleaks 2012: I due provvedimenti del G.I.P. in seguito alle decisioni del riesame

Gli atti giudiziari del 10 e dell'11 Agosto 2012 a firma Patrizia Todisco, in originale

La vicenda ILVA prosegue a spron battuto, anche in queste ore. Corporeus corpora, secondo quanto promesso, ha ottenuto i documenti originali del processo che vanno a completare quanto già messo da noi a disposizione nei giorni trascorsi:
  1.  Decreto di sequestro con copiosa documentazione tecnica, G.I.P.
  2.  Dispositivo riesame su decreto di sequestro (impugnato da ILVA), Tribunale del riesame
In seguito, nelle giornate del 10 e dell'11, la dottoressa Patrizia Todisco ha ritenuto di intervenire a sua volta sulle decisioni del riesame, alquanto sibilline, come subito riconoscemmo.
Ambedue gli atti sono ampiamente motivati, ma vanno letti in originale. Solo così si può evitare che la strumentalizzazione politica, giudiziaria e giornalistica renda indistricabile il contesto e gli avvenimenti. Corporeus corpora dichiara sin dall'apertura questo quale scopo principale della sua presenza.
Ecco il primo dei due provvedimenti, n.5488/10, che ha la funzione di tradurre in realtà processuale le indicazioni ricevute dal riesame. Affermando che il testo della sentenza del riesame non prevede la possibilità di produrre alcunchè, se non bonifiche. E di adottare "tutte le misure tecniche necessarie a scongiurare il protrarsi delle situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse", in quanto l'impianto del decreto di sequestro viene esplicitamente confermato.
Notate bene che in questo primo provvedimento, di 3 pagine, la nomina del dr. Ferrante quale custode, per come decisa dal riesame, resta incontestata.
A seguire il secondo, finalizzato questa volta alla revoca del dr. Ferrante quale custode dei beni sequestrati.
Chiarimenti Riesame ILVA_5488-10
L'atto a seguire, con cui il G.i.p. nega al direttore dello stabilimento Ferrante la qualità di custode, ha come motivazione l'aver egli compiuto immediatamente atti incompatibili con la sua qualità pubblica. 
Segnatamente l'ordine immediato ad impugnare il provvedimento n.5488/10 (sopra), impartito in qualità di "presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore dello stabilimento ILVA s.p.a. di Taranto" e comparso in veste di notizia sul sito dell'Ansa alle 16.43 del giorno 11 Agosto, manifesta da subito l'incompatibilità delle due funzioni, in palese contrasto.

Almeno nell'opinione della dottoressa Todisco. Che ci sentiamo di condividere, sebbene non si siano attese le motivazioni del riesame per procedere: non crediamo ciò lasci troppo spazio al Guardasigilli Cancellieri per interventi di sorta.
Leggete però da voi:
Incompatibilità Ferrante_ILVA






Ovviamente non finisce qui. Nè la vicenda ILVA, nè il nostro committment a fornire dati e testi certi su cui ciascuno possa costruire un'opinione ben fondata, sottratta alle sabbie mobili della propaganda. 



Dal teatrino di Roma

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Ecco il podio del Circo Massimo Romano.
La medaglia d'oro va ovviamente al Gran Clown Clini che vince lo spazio video con la sua proposta di interpellare l'Organizzazione Mondiale della Sanità per Taranto!! Ma il suo Ministero che fa?
Ricordando la celebre gag di Corrado Guzzanti ci viene in mente quello che disse il tecnico dopo aver aperto il computer per riparalo: "qui ci vuole un tecnico"!
A proposito, sulla scia di questa iperbole di battute da circo: c'è nessuno che proponga di mandare i Caschi Blu all'Ilva?


 

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Un testo da applausi per la prima parte e indubitabilmente ottuso nella seconda. Ecco i due volti confusi della Lega!

PS. Ma la famiglia Riva non è di Brescia?
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 Ilva: Lega Nord diserta audizione Clini, ''Governo meridionalista''


(ASCA) - Roma, 14 ago - ''Oggi i componenti della Lega Nord in seno alla commissione X Attivita' Produttive della Camera dei deputati non prenderanno parte alla riunione della stessa che deve avvenire congiuntamente con la commissione ambiente sul caso Ilva di Taranto per una precisa ragione politica''.

Lo annuncia, in una nota, Gianni Fava, responsabile del settore attivita' produttive della Lega Nord.

''Non abbiamo in alcun modo condiviso nelle modalita' ne' tantomeno le finalita' dell'odierna convocazione. Troviamo infatti discutibile - spiega Fava - il fatto che si riuniscano organismi parlamentari in un periodo del genere per commentare una sentenza della magistratura ed eventualmente censurarla. La sinistra italiana per anni ci ha ripetuto che le sentenze si rispettano e non si commentano e adesso chiedono a gran voce di convocare il parlamento per fare quello che normalmente imputavano al mondo berlusconiano. Il fatto poi che a fare il pm della politica contro la magistratura sia chiamato il ministro Clini lascia quantomeno perplessi. Se le leggi sono sbagliate il parlamento dispone degli strumenti e delle prerogative per modificarle, ma se sono giuste allora bisogna tollerare che i magistrati le applichino. Siamo certi che tutto questo fervore non si sarebbe verificato se si fosse trattato di qualche azienda del nord, magari medio-piccola, per la quale nel caso di ordinanze restrittive da parte della magistratura avremmo assistito ad un patetico coro di consenso provenire dall'area benpensantedella politica italiana''.

Ma si sa, conclude, ''anche se noi non ci rassegniamo facilmente, questo governo dimostra tutto il proprio strabico razzismo nei confronti del nord e non perde occasione per dimostrare che quando in ballo ci sono gli interessi del sud tutte le armi sono ammissibili, compresa un'incomprensibile levata di scudi nei confronti di quei magistrati che fanno solo il proprio mestiere. Pertanto abbiamo deciso di lasciare che se la cantino e se la suonino da soli, riservandoci di prepararci per una grande battaglia parlamentare alla ripresa di settembre quando si entrera' nel vivo del dibattito sul cosiddetto decreto Ilva, dove guarda caso si cerchera' di far piovere ingenti quantita' di risorse pubbliche a favore del giusto risanamento di un'area fortemente compromessa, ma non si affrontera' in alcun modo e con alcuna risorsa il tema del risanamento delle tante areedel nord che necessitano dei medesimi interventi''.

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Ma perché quando Di Pietro era ministro per le infrastrutture e non si mosse per le bonifiche e le verifiche sui fondali del porto? 
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Ilva, Di Pietro: Riva foraggiava politici per avere regalie

"Quel che ha fatto lui peggiorerà con la nuova legge su finanziamento"


(TMNews) - "Emilio Riva è il proprietario dell'Ilva, la fabbrica che da anni avvelena Taranto senza che la politica nazionale muova un dito per proteggere i cittadini e far rispettare la legge. Sarà una coincidenza, ma Emilio Riva è anche un grande finanziatore della politica, uno di quelli che non fanno preferenze e foraggiano un pò tutti: un miliardo a destra, uno a sinistra e nessuno s'ingrugna". E' quanto scrive sul suo blog il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.
Mentre appestava il mare, l'aria e la terra di Taranto - sottolinea l'ex pm - Riva donava 245mila euro a Forza Italia e 98mila non al Pd, che allora ancora non esisteva, né ai Ds, ma al futuro ministro dello Sviluppo Economico e futuro segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Si trattava di finanziamenti leciti e del tutto regolari. Ma, che il signor Riva, un tipo accorto e ben attento al proprio portafogli, abbia cacciato tutti quei soldi gratis et amore Dei non lo crederebbe nemmeno un bambino: lo scopo era riceverne regalie".
Riva - aggiunge ancora Di Pietro - si è fatto bene i conti. Ha capito che avrebbe risparmiato milioni di euro intervenendo sul sistema e rendendoselo amico con il denaro, piuttosto che mettendo in sicurezza i suoi impianti e bonificando l'ambiente che aveva inquinato. Io non voglio neppure pensare che la folle aggressione contro la magistratura di Taranto da parte dei principali partiti c'azzecchi qualcosa con quegli esborsi. Ma, proprio perché non lo penso, dico forte e chiaro che chi ha preso soldi da Riva dovrebbe, oggi, sentire il dovere morale e avere la delicatezza istituzionale di non intervenire a gamba tesa in questa vicenda e lasciare che se ne occupi chi di dovere".
Questa brutta vicenda è un presagio chiaro, purtroppo, di quello che succederà con la nuova legge sul finanziamento dei partiti, varata a luglio e scritta dalla Casta su proposta di ABC. Quella legge - sottolinea ancora il leader Idv - incentiva le donazioni dei privati ai partiti, gli permette di scaricarsele dalla dichiarazione dei redditi, fissa un tetto per i regali dei privati ai politici e, insieme, indica l'inganno con cui lo si può aggirare. E' una legge che legittima e incentiva le tangenti: per gente come Riva sarà una festa. Pagheranno a destra e a sinistra, si metteranno con le spalle al coperto e, oltretutto, potranno anche farsi rimborsare dallo Stato, sotto forma di sgravio fiscale, la tangente legalizzata".
Quella legge - conclude Di Pietro - deve essere abolita prima che finisca di distruggere l'Italia". 

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Anche Balduzzi entra nel Gran Circo con un numero di equilibrismo linguistico da vero giocoliere! 
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Ilva: Balduzzi, situazione da seguire con attenzione


(ASCA) ''La situazione e' da seguire con molta attenzione perche' i dati di cui disponiamo dicono che bisogna fare attenzione e quelli che a breve avremo delineeranno una strategia compiuta''. Lo ha detto in diretta a Tgcom24 il ministro della Salute Renato Balduzzi sul caso dell'Ilva di Taranto. Sulla possibilita' di chiudere lo stabilimento, ''Sia Clini che Passera - ha precisato il ministro - hanno detto alcune cose da valutare con attenzione. Non sono decisioni che possono essere prese senza ponderazione. Si agira' nell'interesse di tutti e di tutte le prospettive coinvolte. Non si puo' fare una gerarchia tra le problematiche in campo''. Sulla strategia che si adottera' a breve, il ministro ha aggiunto:''In presenza di queste situazione la gerarchizzazione dei beni e' problematica, il problema e' intrecciare le polarita', non e' facile ma e' la scommessa da vincere. Non ci sono scorciatoie. A ottobre ci saranno le condizioni per poter lavorare con la Regione a una strategia per Taranto''.


Violenze e intimidazioni

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Ilva, Taranto spaccata in due. «amici» e «nemici» del gip 

Due fronti sempre più contrapposti. Dentro e fuori la fabbrica. Nel sindacato. Nella città. Nello stesso management dell’Ilva.
Sì, nel giorno in cui il governo Monti rompe gli indugi e si schiera apertamente contro gli ultimi provvedimenti della dottoressa Patrizia Todisco (il giudice per le indagini preliminari del Tribunale che ha sequestrato l’area a caldo del siderurgico jonico), a far notizia sono due immagini diametralmente opposte. Due immagini che fotografano nitidamente quel che sta accadendo a Taranto alla vigilia di un Ferragosto che si annuncia a dir poco infuocato: da un lato quella degli operai e delegati di Fim e Uilm che in mattinata, dalle 10 alle 12, sono usciti dalla fabbrica per bloccare il traffico sulla statale 100 e per ribadire il loro dissenso nei confronti della magistratura e della dottoressa Todisco; dall’altra quella del migliaio di persone (operai e pensionati dell’Ilva, ambientalisti, aderenti al movimento 5 Stelle, Cobas, frange di Sel, di Rifondazione comunista e semplici cittadini) che alle 4 e mezzo del pomeriggio si sono radunati in piazza della Vittoria per urlare a squarciagola che «Patrizia Todisco non è sola» e che «per l’Ilva e per Taranto è arrivato il momento della verità».

Sì, nel giorno in cui da Roma arriva la conferma che venerdì saranno qui a Taranto i ministri Corrado Passera (Sviluppo economico) e Corrado Clini (Ambiente), queste due immagini raccontano tantissimo. Innanzitutto ci confermano che il fronte sindacale si è letteralmente frantumato e che la Fiom, cui ieri l’azienda ha negato di riunire i lavoratori in assemblea, non ha più alcuna intenzione di seguire Fim e Uilm «in iniziative che sono dichiaratamente contro la magistratura».

Surreale, a questo proposito, la situazione che si è determinata a mezzogiorno davanti ai cancelli della Direzione Ilva, dove il presidente Bruno Ferrante aveva convocato i vertici sindacali di Fim, Fiom e Uilm per un incontro preliminare a quelli che si sono poi svolti nel primo pomeriggio a Bari.
Ebbene, nonostante la convocazione, i cancelli sono rimasti sbarrati ai rappresentanti sindacali sino alle 12.30. Motivo? Perché nel piazzale interno, situato di fronte ai cancelli, qualcuno (incaricato chissà da chi?) aveva pensato di sistemare delle pale meccaniche. A che scopo? In segno di protesta nei confronti dei custodi giudiziari nominati dalla dottoressa Todisco, i quali sin dal primo mattino si erano recati in fabbrica per prendere visione di tutta la documentazione archiviata proprio negli uffici di Direzione.


Un’iniziativa, quest’ultima, che spiega anche i contrasti, ormai evidenti, all’interno dello stesso management, dove più di un dirigente non condivide la «linea morbida» dell’ex prefetto di Milano Ferrante.

Durissime, in questo senso, le dichiarazioni che in tarda mattinata ha rilasciato alla Gazzetta il segretario provinciale e regionale della Fiom-Cgil, Donato Stefanelli. «Queste persone - ha detto riferendosi a chi ha sistemato le pale meccaniche sul piazzale - devono essere trattate come tutti quegli operai che in questi anni di fronte a una minima infrazione sono stati colpiti da duri provvedimenti disciplinari. La legge sia uguale per tutti. Se in azienda ci sono soggetti che fanno riferimento al vecchio regime, è bene che comprendano che l’impunità è finita, che il rispetto delle regole c’è anche per loro».
Ma altrettanto dure, anzi persino più dure, sono le parole che Stefanelli ha pronunciato all’indirizzo dei vertici di Fim e Uilm, sindacati, soprattutto la Uilm, che negli ultimi anni sono diventati largamente maggioritari in Ilva: «Non spetta a noi commentare gli atti della magistratura. Non spetta a noi dire se sono coerenti o quant’altro. Non spetta a noi occuparcene. Lo facciano gli organi competenti: il Csm, il governo, chi lo deve fare. Perché noi rifuggiano dall’utilizzare i lavoratori come testa d’ariete contro la magistratura. Ed è il motivo per il quale ci siamo dissociati da questa iniziativa irresponsabile che stamattina (ieri mattina per chi legge, ndr) Fim e Uilm hanno organizzato. Perchè non ci dimentichiamo che queste cose le ha fatte l’Ilva di ieri. Non ci dimentichiamo del famoso 30 di marzo, quando l’Ilva schierò per le strade di Taranto i lavoratori contro la magistratura nel giorno dell’incidente probatorio. Oggi (ieri) loro hanno fatto la stessa cosa. È un atteggiamento irresponsabile e servile».
Per la Fiom, al contrario, è innanzitutto l’Ilva che deve dire che cosa intende fare. «Noi - ha detto ancora Stefanelli - abbiamo chiesto a Ferrante di presentarci un “Piano di interventi e di risanamento”. E su questo vogliamo che sia aperto un tavolo negoziale. Perché i lavoratori ed il sindacato non possono diventare soggetti passivi. Perché se Ferrante interloquisce con la magistratura o con il governo, noi non possiamo diventare spettatori. Abbiamo il diritto di essere protagonisti, perché gli interventi che l’Ilva dovrà eseguire non sono fini a se stessi, ma riguardano le condizioni di lavoro degli operai dell’Ilva».
Parole, quelle di Stefanelli, che segnano un solco nei rapporti con Fim e Uilm, i cui vertici, però, non si smuovono di un millimetro. E infatti, per oggi alle 10, i rispettivi segretari provinciali, Mimmo Panarelli e Antonio Talò, hanno deciso di organizzare un altro sciopero di due ore con conseguente blocco stradale.

Quella di oggi, con tutta probabilità, sarà la prova generale di quel che accadrà venerdì, quando, in occasione dell’arrivo a Taranto dei ministri Passera e Clini, a manifestare saranno anche i cittadini che ieri si sono riuniti in piazza della Vittoria.
La loro è un’iniziativa per tanti versi spontanea, ma che con il trascorrere delle ore sta assumendo i caratteri di una vera e propria nuova formazione politica, con tanto di portavoce: il 42enne operaio Ilva Cataldo Ranieri. Per venerdì hanno giurato che si faranno sentire e che «assedieranno i ministri ovunque essi si riuniscano».
Il loro programma è chiarissimo. Innanzitutto sostengono l’azione della magistratura e poi hanno una spasmodica e giustificata voglia di «verità» in una città che per troppi anni ha seppellito nel silenzio generale decine di morti ammazzati dall’inquinamento. Ed è anche per questo che ieri hanno invocato l’arrivo a Taranto del ministro della Salute, Renato Balduzzi. Ma è anche per questo che in tanti qui a Taranto temono che quello di venerdì 17 agosto sarà un giorno «caldissimo».


Era ora!

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Certo che sarebbe una grande soddisfazione se La Repubblica riconoscesse che la questione dell'idoneita' dei membri della commissione IPPC per l'AIA Ilva venne sollevata da questo blog... 
Sul presidente Dario Ticali clicca qui 


Ilva, autorizzazioni pilotate e corruzioneadesso la Finanza indaga sull'azienda

L'inchiesta della Guardia di Finanza gira intorno all'Aia, l'autorizzazione che nel 2011 fu rilasciata dal governo Berlusconi. In alcune foto il passaggio di 10 mila euro al perito del tribunale. Il figlio del patron accusato di corruzione  di MARIO DILIBERTO e GIULIANO FOSCHINI



L'AIA
Il centro dell'inchiesta della Guardia di finanza gira attorno all'Aia, l'autorizzazione integrata ambientale che il 4 agosto del 2011 il governo Berlusconi rilasciò dopo quasi otto anni di discussione. Bene, il sospetto delle Fiamme gialle è che in quel documento (che ora il ministro Clini vuole rivedere al più presto) i limiti di inquinamento siano stati disegnati appositamente sulle emissioni dell'Ilva. E' un fatto, viene ricostruito in un'informativa, che l'allora capo delle relazione esterne dell'azienda, Girolamo Archinà (rimosso ora dal prefetto Bruno Ferrante) fosse in rapporti con i membri di quella commissione. "L'effettiva e la buona riuscita dei contatti - annota la Finanza - si rileva, come si accennava in precedenza, dai costanti aggiornamenti che egli fornisce ai vertici aziendali, con i quali ovviamente condivide le strategie da porre in atto, recependo le direttive che di volta in volta vengono 


impartite. Nello specifico emerge come anche a livello ministeriale fervano i contatti non proprio istituzionali per ammorbidire alcuni componenti della Commissione IPCC AIA; con i predetti le relazioni vengono mantenute da tale Vittoria Romeo e in parte anche dall'avvocato Perli"", entrambi consulenti dell'azienda. Ed è un fatto che l'avvocato milanese Franco Perli parlando con Fabio Riva dice: "La Commissione ha già accettato il 90% delle loro osservazioni e che non vi saranno sorprese, anche se la visita va un po' pilotata".

Vittoria Romeo parla al telefono con Fabio Riva e spiega le loro modalità di movimento.
R.: "Allora dicevo ad Archinà, se Palmisano che è quello della Regione, tira fuori l'argomento in Commissione, siccome l'Arpa deve ancora dare il parere sul barrieramento e a noi serve un parere positivo per continuare a dimostrare che non dobbiamo fare i parchi...". 
Riva: "E' chiarissimo. Però siccome noi non possiamo assolutamente coprire i parchi perché non è fattibile... tanto vale rischiarla così".
R.: "Valutiamo se la cosa in questi giorni la teniamo al livello di Ticali, Pelaggi, Mazzoni (ndr, presidente e membri della commissione) oppure...". 
Riva: "No, picchiamo.... picchiamo duro....".

Fabio Ticali era il presidente di quella commissione Aia. La sua nomina destò un certo scalpore: proprio Repubblica raccontò che furono fatti fuori esperti e messi nella commissione Aia signori nessuno, quasi tutti siciliani, come l'allora ministro Stefania Prestigicomo. E che fu scelto il trentenne Ticali a capo della commissione che aveva come pubblicazione più importante una sul ravaneto stradale.

LA CORRUZIONE
L'attenzione della Finanza si è concentrata prima sull'incontro tra Archinà e il perito del pm, il professor Lorenzo Liberti. Secondo l'accusa ci fu un passaggio di diecimila euro (documentato da alcune fotografie) per ammorbidire una perizia. Secondo gli investigatori anche Fabi o Riva sapeva, tanto da essere ritenuto responsabile di concorso morale nella corruzione.

Riva: "Ieri come è andata?".
A.: "E' andata secondo le aspettative...". 

Archinà, appunta la Finanza, "dice al Fabio Riva che consegnando in anteprima le analisi, potrà iniziare a lavorare (sul Liberti) affinché non nasconda che il profilo è identico, bensì che attesti che comunque le emissioni di diossina prodotte dal siderurgico siano in quantitativi notevolmente inferiori a quelli accertati all'esterno".
I Riva quindi vogliono addomesticare le perizie. E forse lo fanno con il denaro. Capita anche che conoscano i risultati in anticipo. Al telefono parla ancora una volta Fabio Riva. 

Riva: "La perizia tecnica sembrava andasse tutto bene... non lo so che caz... è successo... Però è succulenta la cosa di beccare un Riva giovane.. eh papà...". 

FUMO NEI COMUNICATI
Agli atti c'è anche un incontro tra Nichi Vendola, Fabio Riva, Girolamo Archinà e il direttore dell'Ilva Capogrosso. Proprio Fabio Riva ne parla con il figlio Emilio (omonimo del nonno) che suggerisce: "Facciamo un comunicato stampa fuorviante, tanto per vendere fumo dicendo che va tutto bene e che Ilva collabora con la Regione". Proprio i giornalisti sono un problema per l'azienda. Tanto che ci sarebbero rapporti "pericolosi" (la Procura sta inviando gli atti all'ordine). Archinà è molto seccato delle notizie sui giornali. "Mi sto stufando perché fino a quando io sò stato accusato di mantenere tutto sotto coperta, però nulla è mai successo... nel momento in cui abbiamo sposato la linea, la trasparenza, non ci raccogliamo più.... La situazione è complicata e se non si ha l'umiltà di dire ritorniamo tutti a nascondere tutto".  (La Repubblica)


mercoledì 15 agosto 2012

Rush finale! E dopo anche il comitato va in vacanza..

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L'appuntamento è alle ore 8,30 a Piazza Castello a Taranto: tutti in corteo il 17 agosto!!!

Stop ai veleni Ilva!




Comunicato stampa di "Donne per Taranto"

La posizione ufficiale del Comitato Donne per Taranto è stata sempre quella della Chiusura dell’Area a caldo e dei siti inquinanti che persistono sul nostro Territorio. Posizione da sempre a Tutela del Bene Supremo e improcrastinabile che è la Salute al quale tutti gli altri Beni e Diritti ne sono subordinati.
In questi anni il nostro impegno è stato sempre orientato a denunciare uno stato di “emergenza sanitaria”, chiedendo che la Politica locale e Nazionale intraprendesse azioni, non annacquate e approssimative, come  è stato, ma reali, coraggiose e serie. Ne abbiamo ricevuto continuamente solo silenzi assordanti portando, negli anni,  questo territorio ad un punto senza ritorno, senza futuro e senza alternative in una situazione di emergenza sanitaria e ambientale senza paragoni che certamente si sarebbe potuta evitare.
Laddove la Politica è stata assente (o spesso dalla parte del Profitto e dell’Industria) è intervenuta la Magistratura e ora paradossalmente si assiste ad un improvviso e quanto mai "strano"  risveglio della Politica che unica cosa che sta tentando di fare è frenare le azioni della Magistratura che finalmente ha messo nero su bianco ciò che da anni, sbattendo contro muri di gomma, stavamo denunciando: a Taranto si sta perpetuando uno dei crimini più gravi dell’Umanità.

Una Politica sorda che si è persino inventata leggi “ad-Personam” (pro-Ilva) non può adesso all’improvviso tornare sulla scena, una scena dove continuano a calpestare il nostro Diritto elementare alla VITA.
Se la Politica  ora può fare qualcosa è lasciare che la Magistratura compi il suo percorso senza “minacce velate” che stanno mettendo in atto in un modo sottile e pericoloso.
Se la Politica  ora può fare qualcosa è studiare strategie per risanare questo territorio martorizzato da chi lo ha spremuto fino all’osso e cercare fondi per fare in modo che la sua gente torni a vivere e lo faccia senza Ilva e senza dover pagare un Prezzo così alto, come quello pagato fino ad oggi.
Non capiamo e non condividiamo il risveglio di questa Politica che unica cosa che continua  a fare è inseguire un sogno di una ECO-COMPATIBILITA’ impossibile da raggiungere.  Una ECO-COMPATIBILITA’ che le stesse perizie hanno dimostrato essere impossibile. Cosa si sta inseguendo allora? Forse solo il tentativo di “convincerci” che siamo destinati ad ammalarci e a morire perché se l’Ilva dovesse chiudere questo territorio morirebbe e con esso l’industria italiana? Noi diciamo NO a tale “terrorismo psicologico” e diciamo NO a chi vuole fare di Taranto la culla del Profitto a beneficio di altre Industrie del territorio Nazionale ma a scapito della nostra stessa Vita.
Noi continueremo sempre a sostenere la Magistratura rigettando ogni tentativo di interferenza e continueremo a vigiliare e a lottare perchè a Taranto si ottenga GIUSTIZIA . Il nostro Grazie al GIP Patrizia Todisco e ai Magistrati di Taranto lo esprimeremo ancora una volta partecipando alla Grande Manifestazione organizzata venerdì 17 dal Comitato “cittadini liberi e pensanti” e invitiamo tutta la Popolazione a essere presente. L’appuntamento è alle ore 8,30 a Piazza Castello. Taranto merita di Vivere senza ricatti: Taranto merita di VIVERE!



IMPRESA E AMBIENTE

Diretta / Ilva, finisce il vertice con i ministriFerrante: "Dall'Ilva altri 56 milioni per bonifica" manifestanti in attesa di Clini e Passera

Zona rossa  attorno alla prefettura e cortei vietati: queste le misure di sicurezza adottate in occasione del vertice con i ministri Clini e Passera, protesano gli ambientalisti.  Malumori per la decisione del questore di limitare cortei "sotto la prefettura e nelle relative adiacenze".
http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/08/17/news/diretta_ilva_tensione_a_taranto_cortei_vietati_nella_zona_rossa_mappa_in_arrivo_i_ministri_clini_e_passera-41067862/ 




Cronache
17/08/2012 -

Politici, funzionari, manager Inchiesta bis con 13 indagati


Corruzione, la mazzetta al perito consegnata in autogrill

Guido Ruotolo inviato a Taranto


Tredici indagati, per concussione e corruzione. Politici, funzionari pubblici, dirigenti Ilva, il rampollo del patron Emilio, il «ragioniere» Fabio Riva. Gli uomini della Finanza l’hanno chiamata «environment sold out», ambiente svenduto. E rende l’idea di una città disperata, sotto ricatto permanente. Da un anno la procura di Franco Sebastio ha l’esplosiva informativa dal nucleo operativo della Guardia di Finanza di Taranto. Che solo in minima parte, con tantissimi omissis, è stata depositata al Riesame, che ha confermato il sequestro degli impianti Ilva.



Sarà anche vero che l’Italsider pubblica era un «assumificio» per clientele e notabilati politici. Ma anche il privato, Emilio Riva, che ha preso l’acciaieria nel ’95, ha messo sotto tutela la città. L’ha comprata, corrotta, intimidita, blandita, come dimostra questa inchiesta con le sue chiarissime intercettazioni telefoniche e ambientali.

L’uomo nero di questa storia è Girolamo Archinà, il potente pr, pubbliche relazioni Ilva, detronizzato dal presidente dell’Ilva Ferrante appena avuta lettura degli stralci di intercettazioni depositate al Riesame. C’è una storia, che può apparire banale, ordinaria per la sua dinamica. Un autogrill, le telecamere della sicurezza che riprendono i due uomini passeggiare, con uno che consegna all’altro una busta bianca. Storia ordinaria di corruzione. Solo che uno dei due è un professor universitario, un perito nominato dal pm Mariano Buccoliero, Lorenzo Liberti, e l’altro è il grande corruttore (che agisce su mandato della proprietà) Girolamo Archinà. Sono loro, anche perché riconosciuti da una dipendente dell’autogrill in questione. Liberti era uno dei periti che doveva accertare la provenienza delle diossine che avevano avvelenato capre e pecore.

Il giorno prima di questa sequenza, Archinà chiamò il cassiere dell’Ilva, Francesco Cinieri, chiedendogli di preparare 10.000 euro («dieci per domani, se sono da cinquecento è meglio»). Ma i tagli utilizzati furono da 50 e 100 euro. «E’ tutto pronto... tra un’oretta c’è G. (l’autista, ndr) da te». «Ma devo portare la valigetta per ritirare la somma?». Cinieri: «La busta entra in tasca...».

Grande Archinà, che non delega il lavoro sporco a qualche suo sottoposto. E’ lui che consegna le buste. Che ha rapporti con sindacalisti diventati politici, politici diventati uomini delle istituzioni, pubblici funzionari e persino prelati. Sempre nella logica di fare opere di bene. In cambio, però, di non far disturbare il manovratore. Ci voleva pure l’Aia, autorizzazione integrata ambientale, con tutte le prescrizioni e un inter burocratico di sette anni.

«Per quanto riguarda la commissione Ipcc (la commissione delegata a fare l’istruttoria per l’Aia, ndr), si rileva che il Girolamo Archinà si è appositamente accordato con il dottor Palmisano, che è un funzionario della Regione Puglia incaricato di rappresentare l’ente nelle riunioni della conferenza dei servizi che si tengono presso il ministero dell’Ambiente, finalizzate a istruire la pratica per il rilascio dell’Aia. Dalle telefonate si rileva che l’intervento dell’Archinà verso il predetto Palmisano sia stato finalizzato a sensibilizzare quest’ultimo nel dare una mano all’Ilva. Emerge anche il tentativo di pilotare i lavori della commissione Ipcc a favore dell’Ilva, evidenza, questa, che ancora una volta dimostra la capacità di infiltrazione degli uomini dell’Ilva a tutti i livelli».

Era l’inviato a L’Avana, Palmisano. Ufficialmente partecipava alle riunioni per conto della Regione, in realtà, sospettano gli uomini della Finanza, curava gli interessi dell’Ilva. Un doppiogiochista, insomma. «Il fatto che la commissione debba essere pilotata e che, comunque, sia stata in un certo modo in parte avvicinata, si rileva anche dalla seguente conversazione nella quale l’avvocato Perli di Milano (legale esterno dell’Ilva) aggiorna il ragionier Fabio Riva sui rapporti avuti con l’avvocato Luigi Pelaggi, che è capo dipartimento presso il ministero dell’Ambiente. Perli gli comunica che Pelaggi gli ha anche riferito che la commissione ha accettato il 90 per cento delle loro osservazioni e la visita riguarda il 10 per cento restante. Perli aggiunge che non avranno sorprese e comunque la visita della commissione in stabilimento va un po’ pilotata».


Che presenza soffocante, l’Ilva a Taranto. Adesso il nuovo numero uno, Bruno Ferrante, promette di voltare pagina. Ma il passato rischia di tornare attualissimo. Sotto forma di un provvedimento dell’autorità giudiziaria.


http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/465735/ 


17/08/2012 13:55

ILVA, NUOVI INDAGATI NELL'INCHIESTA BIS

Manager, politici e funzionari pubblici tra le sedici persone finite nell'inchiesta della Guardia di Finanza da cui emerge il sistema adottato dai vertici dell'azienda per evitare i controlli

Servizio di Rossana Russo


ANZA', DIOSSINA, FABIO RIVA, FERRANTE, ILVAGIROLAMO ARCHINA', ISOLA DELLE FEMMINE, ITALCEMENTI, LORENZO LIBERTI, LUIGI PELAGGIA.I.A., PETRUZZELLA, TARANTO, TODISCO, TODISCO PATRIZIA, A.I.A. ITALCEMENTI 693 LUGLIO 2008,



IL DELIRIO DI VENDOLA:
«Vietato chiudere l'Ilva»


di Gianni Lannes

Per dirla con Oscar Wilde: “Mentire con garbo è un’arte, dire la verità è agire secondo natura”. Allora, veniamo al delirio di Vendola, un classico già sperimentato due anni fa con le regalie del governatore in soldoni pubblici al mafioso don Luigi Verzé. Dichiara l’illuminato Nichi: «Il percorso è indicato proprio nell'ordinanza del gip. Si può garantire fin da subito la salute dei cittadini senza dover chiudere gli impianti: l'Ilva è una città e se chiudesse ci troveremmo di fronte al più impressionante cimitero industriale del mondo». Lo ribadisce il presidente della Puglia Nichi Vendola sottolineando che «adesso spetta all'Ilva rimuovere dalla scena del siderurgico tutto ciò che nuoce. L'ordinanza del gip - precisa - descrive puntualmente quali sono gli elementi che pregiudicano la salute dei cittadini e credo che l'Ilva abbia le competenze per attuare un programma di interventi a brevissima, media e lunga scadenza. Deve rimuovere subito quegli elementi che compromettono l'insieme del diritto alla salute, dalle partite di acquisto di cospicue quantità di filmante che serve a ridurre al minimo lo spolverio, come la riduzione della produzione nei giorni di vento forte, l'installazione di centraline di un monitoraggio più in profondità dell'impianto, che noi abbiamo chiesto». Per Vendola è «Offensivo l'attacco del giudice Amendola, perché noi, come Regione, abbiamo fatto la differenza in questi anni. I primi controlli all'Ilva li ho fatti io nel 2008. Oggi abbiamo una legge antidiossine e antibenzopirene». Vendola insiste sulla necessità di una mediazione e si chiede se davvero «possa chiudere il più grande polo dell'acciaio. E' progressista - aggiunge - che l'Italia dismetta alcune sue antiche e robuste tradizioni produttive? E' legittimo pensarlo, ma io non sono d'accordo».  Vendola, anche lei è sul libro paga del clan Riva?

Ilva fuorilegge - Nichi Vendola non parla, narra frottole incommensurabili. E basta poco per smascherarlo, se ancora ce ne fosse bisogno.  E allora diamo un’occhiata alle cifre ufficiali. L’Ilva è il quarto gruppo siderurgico d’Europa e fattura 8 miliardi di euro. La società Utia sa (Riva Fire) ha sede in Lussemburgo: un paradiso fiscale non a caso.  Prendiamo il “Rapporto Ambiente e Sicurezza 2011” dell’Ilva S.p.A: i numeri smentiscono Vendola. Il dato emerso dall’ultima campagna per la rilevazione di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312 effettuata da Arpa Puglia, che ha registrato un risultato pari a 0,2 ng ITE/ Nmc. Risultato inferiore al valore limite imposto dalla legge regionale - numero 44 del 19 dicembre 2008 - di 0,4 ng ITE/Nmc.  Questa normativa regionale  pur essendo stata ammorbidita dalla giunta Vendola nel marzo del 2009, parla chiaro: dopo aver effettuato tre campagne di misura annuali, il valore di emissione su base annuale sarà ottenuto mediante la media aritmetica dei valori di emissione delle campagne di misure effettuate. Media aritmetica che non dovrà essere superiore al valore limite imposto dalla legge regionale stante in 0,4 ng ITE/Nmc. Ora: se la matematica non è un’opinione, sommando le tre campagne di rilevazione effettuate da Arpa Puglia (febbraio 0,68 + maggio 0,70 + novembre 0,20) il risultato che ne vien fuori è 1,58 che diviso tre porta la media annuale a 0,52 ng ITE/Nmc: un risultato sicuramente importante, ma che è semplicemente oltre il limite imposto dalla legge regionale, che essendo entrata in vigore il 1 gennaio 2011, non può essere considerata dai dirigenti un obiettivo da raggiungere, bensì un limite da rispettare: punto. Dunque: l’Ilva è semplicemente fuorilegge.  Inoltre: ciascuna di queste campagne di rilevamento solo di diossine e furani, ma non di mercurio o addirittura di radioattività  (che avvengono “senza preavviso”, ma con i tecnici Arpa che impiegano ben 90 minuti per arrivare dai cancelli d’ingresso al camino E-312 e montare la relativa attrezzatura) si articolano su tre misure effettuate in tre giorni consecutivi di 8 ore ciascuna. Ora: sempre se la matematica non è un’opinione , parliamo di 24 ore a campagna, per un totale di 72 ore di rilevamento dati. L’Ilva però, è un impianto sempre in ciclo, che opera 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Un anno è composto da ben 8.760 ore, quindi siamo su una percentuale di 0,82 ore coperte nell’arco di un intero anno. Quanto è efficace una legge che è stata modificata proprio per occultare la verità? La legge in questione prevede che “il valore di emissione derivato da ciascuna campagna sarà ottenuto operando la media aritmetica dei valori misurati, previa sottrazione dell’incertezza pari al 35%”, come del resto prevede anche la norma UNI EN 1948:2006 dell’Unione Europea sulle rilevazioni delle emissioni tossiche, a cui la legge regionale fa riferimento. Sapere quanta diossina viene emessa dal camino E-312 ogni singolo secondo, sarebbe tutt’altra storia e darebbe senz’altro risultati scientifici inconfutabili e certi. E qui siamo costretti a riaprire la famigerata diatriba relativa al “campionamento in continuo” delle emissioni di diossina e furani dal camino E-312, che ha vissuto una storia sin qui alquanto tribolata. Questione che all’Ilva non riguarda, e a ragion veduta, visto che nel Rapporto gli vengono dedicate pochissime righe a pagina 55, in cui l’azienda sostiene essere ancora in corso d’opera la prima fase dello studio di fattibilità sulla sperimentazione di tale operazione, che è partita ufficialmente lo scorso 21 marzo. Poi, nello scorso luglio, ad Arpa Puglia arrivò una comunicazione da parte del Ministero dell’Ambiente, secondo cui si era messo in moto In origine, l’articolo 3 della legge regionale prevedeva l’obbligo di tale campionamento: poi, nel marzo del 2009, tale articolo fu “aggiustato” diventando un campionamento da svolgere minimo tre volte in un anno. Ma nella “revisione” del 2009, non avvenne la totale prescrizione dell’articolo 3, ma soltanto una semplice aggiunta di un “comma 1 bis”, lasciando così in vigore l’articolo 3 in cui è previsto “l’obbligo per le aziende di presentare un piano per il campionamento in continuo”, che come detto è ancora lungi dall’essere concretizzato.  
Ed è fondamentale rammentare come il sindaco Stefàno abbia sempre osteggiato la possibilità di tale campionamento. D’altronde, ancora persuaso nel 2012 di come non sia possibile “dire con certezza chi sono i colpevoli dell’inquinamento a Taranto”, allo stesso Sindaco non fece difetto asserire in più di una circostanza come “il campionamento in continuo non è possibile. Questo non lo dico io ma studi scientifici che dimostrano quanto controproducente possa risultare qualora utilizzato”. Lo stesso direttore di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, in occasione della presentazione dei primi dati del registro tumori di Taranto nel luglio 2011, dichiarò che chi parlava di campionamento in continuo “non ha capito una mazza dell’argomento”. Sempre su questo tema, quando il 5 luglio venne rilasciata l’AIA all’Ilva, l’assessore all’ambiente Nicastro asserì che era stata anche stabilita, tra le prescrizioni del documento, una data certa per la partenza di tale campionamento, che però a tutt’oggi non è mai stato in grado di fornire. Che il campionamento in continuo sia controproducente è una certezza: per chi e perché, è sin troppo facile dedurlo.  Insieme alle diverse verità nascoste, nel Rapporto Ambiente e Sicurezza 2011 dell’Ilva S.p.A. molte altre sono state consapevolmente dimenticate. O colpevolmente taciute.


Danni incommensurabili - A parte i malati e i morti in termini economici, sarebbe utile quantificare i danni provocati dall’inquinamento dell’Ilva. Per esempio, sarebbe interessante capire perché a pagare i danni sia sempre e soltanto la popolazione e non  le marionette di Governo nazionale e locale. Perché l’abbattimento degli ovini, l’economia che esse producevano e il (misero) rimborso alle aziende non viene pagato dagli inquinatori ma dalle Istituzioni, come la Regione e quindi con i soldi dei contribuenti. Chi pagherà quei mitilicoltori che da luglio 2011 sono fermi nella produzione perché il Mar Piccolo è inquinato? Naturalmente, la popolazione: circa 1 milione di euro, a spese dei contribuenti. E chi ripaga l’agricoltura? Pensate soltanto all’agrumicoltura. E l’elenco potrebbe allungarsi notevolmente, sino alle malattie derivanti dall’inquinamento che negli anni è costato in termini di vite umane e di risorse economiche sanitarie. E allora: quanto  costa veramente l’Ilva? E quanto ripaga la Puglia? Ecco perché sarebbe interessante chiedere ai dirigenti Ilva o ai loro divini narratori perché nel corposo volume aziendale manchi una parte relativa a tutto quello che testimonia, a livello scientifico, il volume complessivo dei danni che questo inferno ha causato al territorio tarantino.

Omissioni e rimozioni - Nel palazzo di governo è  stato dimenticato il rapporto dei Carabinieri del NOE nel quale venivano riportate tutte le irregolarità riscontrate nel corso di 40 giorni di indagini ed appostamenti effettuati dal nucleo speciale dell’Arma. Un rapporto presentato presso la Procura di Taranto  nell’udienza dell’incidente probatorio portato avanti dal pm Patrizia Todisco, attraverso il quale i Carabinieri consigliavano il sequestro gli impianti del siderurgico al fine di poter avviare un’indagine approfondita sullo stesso. Rapporto che il 4 luglio scorso arrivò via fax anche al Ministero dell’Ambiente, ma la conferenza dei servizi sull’AIA dell’Ilva svoltasi il giorno dopo, pur prendendone visione, non lo ritenne di una rilevanza tale da comportare modifiche alle prescrizioni licenziate dalla Commissione Istruttoria IPPC.

In quel rapporto però, veniva ad esempio posto l’accento sul fenomeno dello “slopping”, la dispersione dai tetti delle acciaierie delle famose nuvole di fumo rosso dovuto alla presenza di ossidi di ferro, chiaro indice della scarsa efficacia delle prescrizioni per contrastarle previste nell’AIA dell’Ilva. Nel rapporto del NOE si denunciava anche un uso distorto delle torce di tipo continuativo, come pratica di smaltimento e non legato ad eventi eccezionali (come ad esempio le emergenze e/o problemi di sicurezza). L’ultima denuncia del rapporto del NOE riguardava la preoccupante situazione in cui versa l’area Gestione Rottami Ferrosi. Il rapporto del NOE evidenziava l’insufficienza sia della portata delle prescrizioni imposte nell’AIA, sia dei controlli su quanto dichiarato dall’Ilva nel suo piano di risanamento. In particolare si rilevava “l’assenza di sistema di captazione e depolverazione nell’area taglio rottami ferrosi, il sottodimensionamento e l’avaria di quello installato nell’area adibita al taglio dei fondi delle paiole”.


Così come non abbiamo trovato nelle pagine del Rapporto, nulla che facesse riferimento al verbale della Conferenza dei Servizi Decisoria “per acquisire le intese ed i concerti previsti dalla normativa vigente in materia d’approvazione dei progetti di bonifica concernenti l’intervento sul “Sito di Interesse Nazionale di Taranto” datata 15 marzo 2011 a Roma, dopo la comparsa del quale l’iter dell’approvazione della legge regionale sulla bonifica delle falde si è stranamente arenato.

In quel verbale veniva sottolineato come il Piano di Caratterizzazione sito-specifico presentato dall’Ilva S.p.A. fosse incompleto vista “la perdurante assenza della conseguente Analisi di Rischio che deve concorrere alla definizione dei nuovi valori soglia al fine di stabilire definitivamente il livello di effettivo inquinamento”. Inoltre, risultava protocollata anche una nota diretta dell’Ilva S.p.A. (DIR/28 del 16/04/2010), in cui la stessa azienda dava conto dei livelli di notevole inquinamento della falda. Come veniva chiaramente sottolineato che il rilascio dell’A.I.A. “non esime il titolare dell’impianto di avviare e concludere nei tempi previsti il procedimento di bonifica e risanamento ambientale per il sito in questione”. Infine, veniva chiesto agli organi di controllo (Polizia Provinciale, ARPA e ASL) di effettuare idonei sopralluoghi a cadenza ravvicinata “al fine di rendere edotti i soggetti sullo stato attuale del sito, con particolare riferimento agli usi delle acque di falda contaminate e/o ai rischi professionali e sanitari degli operatori/fruitori del sito”. Inutile dirvi che l’Ilva ha fatto ricorso al Tar di Lecce.  


A memoria umana - Non abbiamo dimenticato gli oltre 1.600 capi di bestiame abbattuti dall’Asl di Taranto per la presenza negli stessi di livelli di diossina superiori al limite di legge. Non abbiamo dimenticato le lacrime, la disperazione, il dramma degli allevatori delle masserie della provincia ionica (come le famiglie Fornaro e D’Alessandro). Non abbiamo dimenticato i mitilicoltori tarantini, a cui viene impedito di lavorare a causa di un inquinamento senza precedenti da Pcb che ha avvelenato il 1° seno del Mar Piccolo (ma state pur certi che prima o poi verrà fuori il nome di chi ha riempito per anni la cava del terreno dell’azienda San Marco Metalmeccanica di materiale di risulta industriale, che combacia con la falda profonda che segue un percorso che finisce proprio nel 1° seno). Non abbiamo dimenticato che anche quest’anno è stato registrato il doppio sforamento nel quartiere Tamburi sia delle polveri sottili (PM10) sia del benzo(a)pirene. Non abbiamo dimenticato il rifiuto da parte dell’Ilva di installare delle centraline all’interno del perimetro del terreno occupato dal siderurgico, previste dal piano della Regione e di Arpa per il rilevamento del benzo(a)pirene (a cui Eni e Cementir hanno detto sì). Non abbiamo dimenticato le tombe e le cappelle del cimitero “San Brunone” ed i palazzi “rossastri” del rione Tamburi, investiti da decenni dalle polveri dei parchi minerali che l’Ilva si ostina a non voler coprire, sostenendo che basterà il semplice barrieramento e la conclusione delle colline ecologiche. Non abbiamo dimenticato il continuo mancato pagamento dell’Ici ed il ricatto imposto all’attuale amministrazione comunale per non pagare gli interessi sulla cifra da versare (da 13 milioni di euro si è passati ad 8 milioni). Non abbiamo dimenticato, e non abbiamo intenzione di farlo, l’inquinamento senza precedenti prodotto consapevolmente e senza riguardo alcuno per la dignità umana dal 1961 ad oggi. Non abbiamo dimenticato i tanti ammalati di Taranto e provincia. E non solo quelli colpiti dalle varie forma di tumore: ci riferiamo ad esempio alle donne affette da endometriosi, patologia poco nota, ma molto diffusa in loco. Ci riferiamo alle tante donne e ai tanti uomini colpiti da infertilità. Come non abbiamo dimenticato le migliaia di morti, tra parenti, amici e conoscenti, disseminati negli ultimi 50 anni e che ognuno di noi porta in fondo al cuore. E i tanti giovani andati via da questa città e che mai più torneranno. 

Non abbiamo dimenticato il vescovo  Benigno Papa. In una delle sue ultime uscite ufficiali prima del passaggio di consegna al collega Filippo Santoro. 

Nella rivista IL PONTE (edita da Riva) e distribuita fra i dipendenti e gli enti del territorio,  si può ammirare un’intervista di tre pagine nelle quali il prelato tesse le lodi della famiglia Riva. Neanche un riferimento al disastro ecologico o al quartiere Tamburi. Non una parola sulle numerose denunce dei cittadini. Insomma uno spot per chi inquina. Se poi, in occasione della festività di S. Cataldo, il marchio Ilva è tra i primi a comparire in qualità di sponsor della manifestazione, diventa difficile dar torto a chi ricordava che la dignità non si compra e che, i soldi donati alla chiesa Gesù Divin Lavoratore per il rifacimento della facciata, non erano che un obolo interessato. Lo hanno capito tutti, tranne monsignor Papa che addirittura, in una lettera, ringraziò l’ingegner Riva a nome della comunità (“Ho già scritto all’ing. Riva – scrisse l’Arcivescovo ai fedeli del quartiere – per esprimergli la mia e vostra riconoscenza”). Parole che fecero inorridire i cittadini dei Tamburi e non solo, così come l’accusa di ‘inquinamento morale’ che giunse pochi mesi dopo ai cittadini che scendevano in piazza per chiedere un ambiente migliore. Inquinamento morale che, evidentemente, non riguarda i tanti silenzi sul disastro ambientale o il Cataldus d’argento per il volontariato consegnato al responsabile rapporti istituzionali dell’Ilva (siderurgico che era  fra i finanziatori dell’iniziativa). Non abbiamo dimenticato le morti bianche degli operai, assassinati nel siderurgico per una logica di profitto a tutti i costi.

E non abbiamo nemmeno dimenticato i tanti politicanti, sindacalisti, prenditori, intellettuali e  personaggi da palcoscenico, che hanno sempre saputo, ma hanno preferito coprire, tacere, ignorare, insabbiare.  Noi non dimentichiamo. E non dimenticheremo. Mai.  



http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/08/il-delirio-di-vendola-vietato-chiudere.html 




 

ILVA Taranto / legalità e libertà, poggiano sull’equilibrio e 

sulla separazione dei poteri: il governo tra caso AIA e 

nomine dubbie affossa la democrazia

mercoledì 15 agosto 2012 di Erasmo Venosi





La vicenda dell’Ilva e la paventata ipotesi di emanazione di un decreto che sospenda l’ordinanza del GIP di Taranto, da il senso e la misura della precarietà raggiunta della nostra democrazia e della teorica e strumentale sovranità del popolo che, tale non è se non si accompagna all’effettiva sovranità della legge. È insufficiente una Costituzione fatta di belle parole come insufficienti sono le promulgazioni di leggi se è messa in discussione, una prassi giudiziaria garante dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Nella Democrazia reale la legge ha potere assoluto.
Negli Stati Uniti circa un decennio fa accadde un episodio, la cui modalità di soluzione dimostra la differenza che intercorre tra astratte garanzie scritte sulla Carta e la loro effettiva applicazione. La Microsoft di Bill Gates, azienda essenziale per l’equilibrio dell’economia statunitense a causa dell’enorme valore delle sue esportazioni fu denunciata e condannata per violazione della legge antitrust. Il Principio di ogni vera democrazia che, consente di proteggere legalità e quindi libertà, poggia sull’equilibrio e sulla separazione dei poteri.
La vicenda Ilva e dello strumento che, avrebbe dovuto consentire la riduzione integrata dell’inquinamento è emblematica e rappresentativa di come sia tutelata la salute e l’ambiente in Italia. La fabbrica avrebbe dovuto dotarsi di tecnologie a basso impatto da almeno un decennio e per effetto di cogenti norme comunitarie e interne. Invece tra legge, decreti attuativi e cavilli procedurali siamo arrivati alla situazione di oggi. Attenzione: l’autorizzazione integrata ambientale quale strumento di gestione dell’inquinamento determinato dal settore produttivo, riguarda circa 200 impianti di competenza statale e 8000 di competenza regionale sui quali grava un colpevole silenzio. La vicenda della Commissione del Ministero dell’Ambiente per la concessione delle AIA è emblematica per comprendere, la concezione che i legislatori e il Governo hanno di questi importanti strumenti operativi.
La Commissione AIA nominata dal Governo Prodi, fu esautorata dal Governo Berlusconi nel luglio del 2008. Il Ministro dell’Ambiente nominò una nuova Commissione, in cui emergevano alcune caratteristiche “particolari” : il presidente era un ingegnere laureatosi sei anni prima e che faceva il ricercatore nella Università privata siciliana Kore di Enna: tra le sue pubblicazioni più significative emergevano le "Potenzialità del ravaneto nella tecnica delle costruzioni stradali" oltre a una pubblicazione sulla gestione dei rifiuti urbani in Sicilia. Altro elemento che colpì, fu la presenza di tre magistrati della terza sezione del Tar del Lazio sotto cui ricadono le valutazioni sui ricorsi all’Aia. Relativamente all’Aia , mentre il Gruppo Istruttore del Ministero dell’Ambiente nominato per Ilva ed esautorato nel 2008 era composto da tre ingegneri , un chimico e un medico . Il Gruppo della Commissione nominata dal Ministro Prestigiacomo per l’Aia su Ilva aveva come presidente l’Ing. Bonaventuura Lamacchia deputato per la lista Dini e poi Udeur costretto alle dimissioni per condanne a 2 anni e 5 mesi. In seguito fu nominato un nuovo gruppo Istruttore, composto da due ingegneri, un chimico e due magistrati della terza sezione del Tar del Lazio, Stefano Castiglione e Umberto Realfonzo come è possibile riscontrare nel decreto del Ministro dell’agosto 2011.
A me pare non proprio il massimo, affidare un’istruttoria tanto complessa che comprende, una cokeria, un impianto di agglomerazione, un altoforno, un’acciaieria, la produzione di laminati e di tubi e che occupa un’area nella sola Città di Taranto, equivalente a un quadrato avente un lato lungo 3 km a un gruppo tecnico che, su cinque commissari ne comprende due che sono magistrati amministrativi ovvero totalmente ignari dell’oggetto della istruttoria.
Oggi responsabili istituzionali, politici, sindacalisti e giornalisti parlano e citano Ilva come la più grande azienda siderurgica d’Europa di cui non se ne può fare a meno, ma nessuno di questi soggetti ha mai aperto bocca sui patologici ritardi nella applicazione della normativa sull’Aia , sulla distruzione della Commissione Aia insediata dal precedente Governo per motivazioni clientelari (la maggioranza dei nuovi commissari erano siciliani come il Ministro) e l’immissione di tre magistrati della terza sezione del Tar del Lazio competente per la valutazione dei ricorsi all’Aia.
Nessuno si è mai interrogato sui potenziali rischi per una Città che, ha dieci impianti a rischio di incidente rilevante. Criminale chi ha concesso ripotenziamenti d’impianti, nuove centrali in una Città in emergenza ambientale da venti anni. E ancora mi piacerebbe leggere dichiarazioni da parte dei Bersani, di Casini, di Alfano e dell’incredibile tuttologo onnipresente ex direttore generale del Ministero dell’Ambiente per sapere a che punto si trovano, i circa 8200 procedimenti potenziali di Aia che rappresentano l’unico strumento di tutela di quel bene primario e fondamentale che si chiama salute  

Quando questo Ministro “performante“ adempierà quanto disposto dall’art 13 dell’ex dlgs 59 del 2005 istituendo l’Osservatorio IPPC sull’applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva sull’Aia e posto al servizio delle autorità competenti? Dall’istituzione dell’Osservatorio discende l’obbligo per l’Autorità Competente di comunicare annualmente al Ministero dell’Ambiente i dati concernenti, le domande di Aia ricevute, le autorizzazioni rilasciate e i successivi aggiornamenti oltre che un rapporto sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale. Chissà egregio Ministro Clini se la vera ragione per la mancata istituzione dell’Osservatorio non sia rappresentata da quanto prescrive il quarto comma dell’art 13 dell’ex dlgs 59 del 2005 ? “ Al funzionamento dell’osservatorio si provvede mediante le risorse umane, strumentali e finanziarie in dotazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio a legislazione vigente. Ai componenti dell’Osservatorio non spettano compensi, ne’ rimborsi spese e gli stessi assicurano la partecipazione nell’ambito delle attività istituzionali degli organismi di provenienza. In ogni caso dall’attuazione del presente articolo non derivano oneri aggiuntivi a carico dello Stato”.






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